Racconto crudele della giovinezza (Oshima Nagisa, 1960)
Racconto crudele della giovinezza (Seishun zankoku monogatari, 1960)
racconta della relazione tra una giovane studentessa, Makoto, con Kiyoshi, uno studente universitario. Il loro incontro avviene quando la ragazza, in difficoltà perché un uomo che le ha offerto un passaggio in auto tenta di avere con lei un rapporto sessuale, viene salvata dal giovane: in quest’occasione otterranno un risarcimento in denaro per non dennunciare l’aggressore, elemento che li convincerà di poter ottenere un facile guadagno simulando analoghe aggressioni. Vari personaggi, similmente allo sbando, intrecciano la loro relazione. Solo la sorella di Makoto, Yuki, tenterà di convincerla a non intraprendere la convivenza con il giovane, ma anche lei ben presto lascerà che sia la giovane a decidere del proprio futuro. L’attività estorsiva dei due incontra un ostacolo, la gravidanza di Makoto, evento che imprimerà una tragica svolta al loro rapporto. Anche quando la ragazza tenterà di dare una conversione alla sua esistenza lasciandosi aiutare da un uomo tra quelli che tenta di imbrogliare, è inevitabile che non funzioni e che si riprecipiti nel gorgo ormai tracciato. Nel finale, i due giovani e le loro morti segnano l’unico possibile epilogo: l’evaporazione dalla società.
Si tratta dunque di una giovane coppia che, sempre meno innocentemente, commette un ‘crimine’ estorcendo denaro a uomini avvicinati dalla ragazza. L’epilogo tragico della storia non serve qui a ripristinare un ordine sociale, ma a sottolineare l’innocenza dell’intento criminoso. Va in scena una gioventù che brulica ai limiti della legalità, mossa da sesso e violenza, come da tendenza, ma in più il loro ritratto si sofferma sulla valenza dell’individuo, un tema apparentemente passato in subordine nel corso dell’espansione economica. Grazie all’adesione a questa formula, oltre che per il successo di pubblico e di critica ottenuto e per l’apparente affinità di tecniche e di stile con la contemporanea cinematografia francese, per questo film di Oshima e per quelli dei giovani registi Yoshida Yoshishige e Shinoda Masahiro fu coniata l’etichetta “Shochiku Nuberu Bagu” (Nouvelle Vague alla Shochiku, espressione fortemente avversata dallo stesso Oshima).
Apparentemente, Racconto crudele della giovinezza non dedica spazio alla tessitura politica (se non in rari momenti, come quando i giovani incrociano la manifestazione[1]), poiché qui, come nel futuro Ecco l’impero dei sensi (Ai no koriida, 1976), l’a-policità è polemicamente più graffiante e di denuncia: la giovane coppia non ha assorbito valori perché la società non è stata più in grado di fornirne, quindi agisce senza scrupoli e in questo diventa simbolo del fallimento delle generazioni precedenti, incapaci di sanare le profonde ferite aperte dal militarismo e dalla successiva sconfitta; il padre di Makoto, simbolo a sua volta di un popolo sconfitto, sembra non voler scommettere sulla sua genia per la continuità della specie, non tenta di educare o di partecipare alla crescita della ragazza; gli unici riferimenti morali, cioè Yuki, la sorella di Makoto, e il medico Akimoto, si ritrovano a constatare la propria impotenza di intervento nella sua vita a seguito di fallimenti personali. I due giovani, in sostanza, non hanno nulla contro cui lottare e nessun obiettivo da perseguire. Quanto avviene loro intorno è solo caos, labirinto, non vi è niente che offra un motivo in cui cercare alcuna felicità, nulla che preservi la loro innocenza.
La sessualità giovanile descritta da Oshima è brutale, a-romantica, destinata alla corruzione; eppure è questa l’unica sfera della vita della coppia in cui si conserva la loro innocenza, seppure si parli della simulazione della vendita del corpo. In ogni approccio messo in atto dai due verso uomini di mezza età, manca la cognizione del rischio, c’è una sorta di puerile ottimismo sull’esito, quasi non si trattasse di corpo. Anche la gravidanza, rischio non ponderato, è destinata a fluttuare in questo “vivere liquido”, mai concreto, in cui i due galleggiano.
Per rendere l’idea di come i due giovani si dissolvano, in un certo senso, nell’ambiente in cui vivono, Oshima seleziona una serie di tinte plumbee[1] e utilizza un gran numero di campi lunghi, alternati a una scrittura nervosa data da una macchina da presa estremamente mobile. Il ritmo figurativo e temporale che ne consegue non offre sollievo allo spettatore: assorbe nella rabbia di quest’esistenza, descritta pure attraverso due personaggi non gradevoli, un sentimento difficilmente nominabile provato dagli stessi giovani che assistono alla proiezione, lo stesso del regista che ha riconosciuto nel film un certo autobiografismo. Si avverte quasi la consistenza del sangue, dei metalli, del cemento, delle materie inorganiche in cui tendono a disperdersi i personaggi. Persino la famosa scena girata sui tronchi galleggianti (sequenza in cui il giovane strappa la camicia alla ragazza dopo averla ripescata dall’acqua in cui lui stesso l’ha spinta, rischiando di farcela annegare), è geometricamente asfissiante, oltre che cupamente illuminata. E’ la Tokyo che cresce in vista della sua presentazione internazionale con le Olimpiadi, e che nasconde sotto gli zerbini le brutture e le sporcizie sociali che non si vogliono lasciare intravedere. E’ il ripescaggio dall’Occidente di un’immagine che non trova radici in Giappone, e che quindi crea crepe di desolazione, come nel caso della vita dei due ragazzi, in cui persino la sessualità viene emulata malamente, fraintesa e resa eccessiva.
[1] Si tratta del suo primo film a colori e in cinemascope.
[1] Oshima inserisce qui delle sequenze d’attualità in cui si riprendevano le manifestazioni dello Zengakuren.
Estratti da "RACCONTO CRUDELE DELLA GIOVINEZZA: GIOVANI IN UN MONDO DI CENERE",
in Solo i giovani hanno di questi momenti, a cura di Francesca Bisutti e Fabrizio Borin, Libreria Editrice Cafoscarina, Venezia , PP- 201-209