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Conversazione con Oshima su "Ecco l'impero dei sensi" - Intervista inedita

Qui di seguito il testo integrale e inedito di un'intervista che ho rivolto a Oshima Nagisa a proposito del suo "Ecco l'impero dei sensi" e dell'omonimo libro pubblicato in Giappone, oggetto di scandalo (13 luglio 1989, Montecatini Terme).

Perché ha omesso alcune delle scene di cui ha scritto nel libro nella versione cinematografica?

OSHIMA: Quando ho cominciato a scrivere questo soggetto, avevo intenzione di inserire tutto ciò che potesse avere a che fare con il sesso, ogni azione, ogni senso. Forse quando ho scritto il soggetto ero più idealista, ma se giri un film non puoi esserlo così tanto. Come spesso accade, quando ho steso la sceneggiatura ho dovuto tagliare delle scene. Al momento della pubblicazione del libro, però, non so perché, ho pensato che fosse necessario non tralasciare nulla e sono tornato al soggetto originale. Comunque le due versioni non si differenziano di molto.

Molto differenti sono però le due versioni dell’allucinazione finale di Sada.

OSHIMA: Sì, ma la più importante è quella del film.

Nella versione pubblicata nel libro, è molto più accentuata la relazione che la protagonista Sada tesse con la moglie dell’uomo, e allo stesso tempo Kichizo sembra più partecipe al menage coniugale rispetto al film e allo stesso tempo sembra un viveur, più che nella versione filmica...

OSHIMA: Normalmente, quando si scrive un soggetto si cerca di dedicare la massima attenzione alla descrizione dei dettagli. Ci sono degli autori che cercano di dare una spiegazione a tutto. A me invece il didatticismo non interessa. Mettiamo il caso di un aiuto-regista che mi chieda delle spiegazioni e che io gliele dia: questo poi riferirà al secondo aiuto-regista, che a sua volta riferirà al terzo, e così via, finché le mie parole saranno state alterate (ride). No, non voglio spiegare nulla, poi quando sono in fase di lavoro taglio più volte le scene del soggetto, ed è così che è scomparsa la relazione tra le due donne.

Per quanto riguarda Kichizo, poi, corrisponde effettivamente all’attuale playboy, ma nel senso che per lui, come per Sada, non c’erano tabù di sorta nel sesso. Io penso che in origine i giapponesi non avessero tabù sessuali, ma più tardi molte religioni hanno influito in questo senso: prima il Confucianesimo dalla Cina, poi il Buddhismo dall’India, dal sud della Cina e dalla Corea. Tutte religioni con forti tabù sessuali.

A queste si aggiunga il tipo di vita dei samurai, con la loro dipendenza dai daimyo. Per esempio, in periodo Heian Murasaki Shikibu, Sei Shonagon, erano tutte personalità dominanti. Ma con il sopraggiungere dell’etica samuraica, la condizione della donna giapponese divenne molto negativa.

Anche in periodo Edo c’erano forti tabù sessuali tra le classi samuraiche, monacali e aristocratiche, ma in generale i contadini e la gente comune non ne avevano. Alcuni artisti come Utamaro e Hokusai produssero delle grandi opere artistiche proprio grazie a questa libertà nell’espressione del sesso, e allo stesso modo Chikamatsu e Saikaku scrissero delle opere molto buone sul sesso. La gente comune era molto libera a quel tempo.

Ma quando poi il Giappone volle aprirsi all’Occidente per diventare una nazione, il governo cercò di imporsi molto fermamente e con la forza, ma non poteva gestire il sesso. Per esempio non poteva ordinare alla gente di fare l’amore al lunedì e non al sabato (ride). Ciò che voleva in realtà controllare era l’idea del sesso. Oltre ai tabù sessuali già esistenti del Confucianesimo, del Buddhismo e dell’etica samuraica, ne importarono anche dal Cristianesimo, affermando così il concetto di peccato.

Per il Cristianesimo il sesso è lecito se c’è una coppia e c'è un dio. In Giappone è lecito se si è in coppia e se c'è un imperatore. E’ un dio. Il governo giapponese inculcò segretamente quest’idea importandola dal Cristianesimo.

In periodo Meiji, nonostante l’educazione insistesse in questa direzione, alcune persone non ne presero coscienza e rimasero molto libere, come Sada e Kichi. Loro sono dei “sopravvissuti”, quindi molto liberi.

Nell’allucinazione finale torna il sangue che già Sada aveva immaginato nel risciò, c’è un nesso?

OSHIMA: L’immagine del sangue in queste due scene presagisce in un certo senso l’atto finale e sono quindi connesse tra loro. Ma nel girare il film pensavo che fossero superflue nella dinamica del racconto, quindi le ho tagliate.

E’ interessante che Kichi sia l’unico uomo giovane e che gli altri personaggi maschili siano vecchi o bambini. Culto di Adone o ricordo di Mishima?

OSHIMA: Non penso che Kichi sia giovane, è abbastanza maturo. Continua a ripetere “fa’ tutto ciò che ti piace”, sacrifica se stesso. O meglio, non è che si sacrifichi, ma la sua attitudine è tendenzialmente da uomo maturo, non da giovane. Proprio perché non è giovane si concede a Sada. Alcuni uomini sono già morti e da bambini non sono abbastanza cresciuti. Cos’ Kichi, incontrando Sada è diventato vecchio molto velocemente, in modo innaturale.

Ma Mishima… lui non voleva essere vecchio, è per questo che penso che abbia troncato la sua vita. Non era maturo, si è ucciso a 45 anni. Lo ricordo ancora, due-tre anni prima della sua morte. Mi chiese quanti anni avessi. Forse allora ne avevo 33-34, lui era più vecchio di me. Si è suicidato a 45 anni e io sono andato avanti nella vita. Adesso sono più vecchio di quanto lo fosse lui alla sua morte, ma lo ricordo ancora come una persona più anziana di me. E’ questa la sua caratteristica principale: morendo così giovane, ha rinunciato a invecchiare.

In più occasioni Kichi sembra voler regredire nell’utero di cui immagina odori e colori.

OSHIMA: Credo che Kichi volesse rendersi utile a Sada e, allo stesso tempo, ridiventare bambino e tornare all’infanzia. Infatti le si concede del tutto, quindi da morto diventa innocente, mentre da vivo era egoista. E’ un’espressione molto dura, ma era egoista. Sada, di suo, vuole ucciderlo, ma dopo averlo fatto e dopo averlo evirato anche lei è innocente, non più egoista, quindi anche lei in un certo senso torna alla propria infanzia.

Lei non usa metafore sessuali come i liquidi per indicare una scena erotica, come avviene in molto cinema giapponese.

OSHIMA: Generalmente, io non inquadro qualcosa per dare significato a qualcos’altro. Voglio che la mia macchina da presa riprenda sempre tutto molto chiaramente, senza creare simboli. E’ questo il motivo per cui penso che non ci sia assolutamente niente di osceno in Ecco l’impero dei sensi. E’ tutto naturale, perché ripreso sempre molto chiaramente.

Gli sguardi che si alternano tra tutti i personaggi, a cui si aggiungono quelli degli spettatori nella versione filmica, gradualmente confinano la coppia a una dimensione sempre più privata, fino a isolarla. Deve dissolversi perché “deviata”?

OSHIMA: All’inizio loro non si aspettano una simile fine, sono solo un uomo e una donna che intendono divertirsi, come in un gioco. Ma poi cominciano a fare sul serio e vengono isolati dal contesto sociale. Non che avessero intenzioni di astrarsi, ma finiscono col farlo naturalmente. Per me, quando giro un film è fondamentale che io ammiri i miei personaggi. Sono dei tipi demodé e in qualche modo dei criminali. Si isolano dal pubblico, ma quando tutto finisce diventano molto pubblici.

Ecco l’impero dei sensi è stato spesso identificato con alcuni shunga come quelli di Utamaro, e in effetti ci sono alcuni elementi “scenici” molto simili, come il particolare della luce che, del tutto interna all’immagine, sembra isolare la coppia e allo stesso tempo le conferisce lo spessore dell’idolo. Poi, nel caso del film, dopo la morte di Kichi Sada torna all’esplosione di luce solare nella sua allucinazione.

OSHIMA: E’ così, la luce tradizionalmente proviene da una fonte unica interna agli ambienti e conferisce quel senso. Per quanto riguarda Sada, dopo l’evirazione voleva tornare alla società. In giappone il doppio suicidio d’amore (shinju) era tradizionalmente considerato un atto dall’alto valore estetico, ma Sada non ha mai pensato a morire. Questo è il suo aspetto più fantastico ed è il motivo per cui l’ho scelta per questo soggetto. Il doppio suicidio andava bene per la società giapponese, ma non per Sada (ride), lei voleva solo agire.

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