Ito Daisuke
Itp Daisuke (Uwajima, 1898-1981)
Dopo un iniziale interesse per il teatro e un periodo trascorso presso la scuola di recitazione della Shochiku, la sua attività nel cinema comincia in qualità di sceneggiatore, mentre alla macchina da presa approda nel 1924 con Shuchu nikki (Diario di un ubriaco). Lasciata la Shochiku e dopo aver lavorato per altre piccole compagnie, entra alla Nikkatsu, dove i suoi film in costume ottengono ampia popolarità.
Alla base del successo delle sue opere di questo periodo, vi è la combinazione vincente della regia e della meticolosa sceneggiatura di Ito con l’interpetazione del suo attore feticcio Okochi Denjiro — modello di uomo rude, egoista e nichilista, perfetto per i chanbara del periodo —, nonché con la maestria acrobatica dell’operatore Karasawa Hiromitsu. Assecondando appieno le direttive stilistiche impartite da Ito, quest’ultimo ricorre infatti a un inedito utilizzo della camera a mano, divenuto presto caratteristico dei chanbara, a volte legando addirittura al proprio corpo la macchina da presa così da muoversi tra i personaggi in modo particolarmente agile. Si deve a questo nervoso stile di ripresa, ottenuto anche con l’ausilio delle riprese effettuate dalla gru che permettono un senso di continuità nel movimento e di estremo dinamismo, il nomignolo Ido Daisuki (“il grande appassionato dei movimenti di macchina”) scherzosamente assegnato al regista. Ito dedica inoltre grande attenzione al lavoro di montaggio, elaborando una struttura complessa con particolari raccordi sull’asse e un’articolata varietà di campi, creando un ritmo di azione sostenuto e di grande effetto che induce gli spettatori a un’empatia totale. Predilige infine la violenza spettacolare e l’impassibile furia omicida dei suoi personaggi ripresa ad alta velocità, scelte che avvicinano al suo cinema un’ampia fascia di pubblico giovanile.
A partire dal 1926, le sue tematiche, più marcatamente sociali, descrivono le gesta di eroi di estrazione popolare che, delusi dal tradimento dei valori in cui una volta avevano creduto, sono diventati dei fuorilegge nichilisti, ora in lotta con l’intera società: ne sono esempio i protagonisti di Chuji tabi nikki e Oatsurae Jirokichi koshi (gli unici due film di questo periodo oggi rimasti, a parte spezzoni da altri titoli), oltre al Tange Sazen del film Shinpan Ooka seidan (I casi legali del giudice Ooka). Dopo il 1929, il sostrato di denuncia nel cinema di Ito si rende ancora più evidente: Zanjin zanba ken (La spada assassina di uomini e di cavalli) pone all’indice lo sfruttamento delle classi più deboli da parte delle autorità, spingendo così l’opera del regista al limite della tollerabile istigazione alla rivolta e facendo scattare provvedimenti censori nei confronti dei suoi film.
La sua carriera prosegue, seppure sporadica, anche nel corso del conflitto mondiale. Tuttavia, i suoi film si svuotano della spinta anarchica iniziale e il regista si porta gradualmente ai confini del melodramma, nonostante non trascuri mai un sincero interesse per il sociale. Nell’immediato dopoguerra, la sua popolarità si lega soprattutto ai due film Suronin Makaritoru (Il ronin senza rivali) and Osho (Il maestro di scacchi), entrambi successi di pubblico. Tra i film realizzati nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, molti sono i remake dei suoi stessi titoli, per lo più prodotti amati dal grande pubblico. La sua carriera termina con Bakumatsu (La fine dello shogunato), girato nel 1970.
Filmografia Imdb: http://www.imdb.com/name/nm0411866/
Estratto da Storia segreta del cinema giapponese - 62. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, Milano, Mondadori Electa, 2005