Masaoka Kenzō: una visione personale
La capillare opera di indottrinamento attraverso il cinema non riuscì a soffocare il lirismo degli autori, in particolare di Masaoka Kenzō che, pur contribuendo con varie animazioni al generale disegno governativo, riuscì a produrre un’opera poetica e personale nel 1943: Il ragno e il tulipano (Kumo to churippu). La breve animazione di soli 16 minuti, con i suoi 20.000 cel sincronizzati con la colonna sonora pre-registrata, pare fosse stata prodotta con un budget davvero ingente per il periodo. Rappresenta uno degli esempi più alti della complessità artistica e tecnica raggiunta in poco più di due decenni nell’ambito. La trama è molto semplice: narra di un ragno che cerca di attrarre nella sua ragnatela una tenera coccinella; l’insettino trova rifugio in un tulipano e il ragno sarà spazzato via da una violenta tempesta.
In molti ritengono che una fonte di ispirazione per questo film sia stato il disneyano Il vecchio mulino (The Old Mill, 1937) della collana Silly Simphonies, che in effetti si apre proprio con l’immagine di una coccinella che vola su una ragnatela e riproduce con analoga ricchezza visiva la scena della tempesta. Forse è stato di ispirazione anche un altro episodio della stessa collana, Il ragno e la mosca (The Spider And The Fly, 1931), dove il ragno cattivo attrae gli insetti con la melodia che produce con la sua ragnatela suonandola a mo’ di arpa. Nel film di Masaoka, infatti, la musica ha una funzione primaria: la coccinella canta una canzone per bambini (la sua voce è della cantante Sugiyama Yoshiko, specializzata in melodie per l’infanzia), mentre la possente voce del ragno è affidata al baritono Murao Gorō, che cerca di allettare la coccinella con un suadente: “vieni lassù da me, canteremo insieme”.
Tra quanti hanno commentato il film, molti ritengono che il tema abbia permesso al regista di astenersi dalla propaganda, mentre altri ravvisano vari segni di induzione più o meno subliminale dei valori governativi. Contribuirebbe la scelta di rappresentare con caratteristiche infantili e innocenti la bianca coccinella, intesa come simbolo dell’Asia che il Giappone (il tulipano in cui si rifugia) sarebbe in grado di proteggere. Viceversa, il ragno sarebbe caratterizzato secondo gli stereotipi degli afro-americani: non solo per il suo colore, ma anche per le labbra carnose e per la pipa che fuma. In questo caso, l’idea è accentuata dal fatto che gli elementi della natura — favorevole al Giappone —, non solo la tempesta ma gli stessi fiori, contribuiscono a sconfiggere il “cattivo elemento” (i fiori lo schiaffeggiano addirittura durante il temporale).
La straordinaria cura prestata ai movimenti dei personaggi rende i migliori effetti proprio nella caratterizzazione del ragno: ogni zampa si muove fluida e indipendente rispetto alle altre, accompagnata dalla minuzia dei micromovimenti dei fili della sua ragnatela, esaltando così il senso di ammaliante carisma dei suoi mezzi di tentazione. Ma la prova più alta dell’arte di Masaoka è espressa soprattutto dalla descrizione della pioggia, inviata da nubi dal profilo umano (ancora un intervento della natura a favore del “bene” nipponico) e anticipata da un vento violentissimo: la ragnatela viene quasi spazzata via, il ragno cerca un improbabile riparo in un bozzolo sottratto alla sua larva, ma il vento lo strattonerà, i fiori lo spintoneranno, finché annegherà nell’acqua sottostante e l’ordine sarà ripristinato.
Al di là di qualsiasi valutazione di ordine politico, Il ragno e il tulipano è senz’altro uno dei classici “sempreverdi” dell’animazione giapponese, il segno dello stile di un autore che, tra i primi del dopoguerra, riuscirà ancora a far sognare attraverso le sue immagini.
ANTICIPAZIONE: Estratto da ANIMERAMA _ STTORIA DEL CINEMA D'ANIMAZIONE GIAPPONESE, Venezia, Marsilio, 2015